ANGELICA PACIOCCO, Napoli, 1986
BIOGRAFIA
Sono nata a Napoli nel 1986. Mi interesso alla fotografia fin dall’adolescenza e decido, subito dopo la laurea in scienze sociali, di frequentare il corso di fotografia pubblicitaria presso il centro ILAS di Napoli. Mi avvicino poi alla fotografia di reportage frequentando un corso con docente Stefano Schirato. Nel 2019 espongo il progetto Elisio Perduto al circuito OFF di Camera Work, una rassegna di giovane fotografia autoriale promossa dal comune di Ravenna, espongo poi lo stesso progetto al SIFEST ed a Colorno. Nel 2022 vengo selezionata per partecipare alla masterclass FIAF dedicata ad Ivano Bolondi con docente Lorenzo Cicconi Massi. Nel 2023 espongo il progetto scaturito dalla masterclass dal titolo Stimmung presso il Carpi Foto Fest e a Bibbiena. Nel 2023 vinco con Stimmung il premio Extra Factory al festival della fotografia femminile di Livorno con conseguente esposizione. Nel 2024 vinco il premio Parete Art Museum Caserta con Elisio Perduto.
UTOMIA
UTOMIA è un viaggio visivo e interiore in un paese abbandonato dell’entroterra lucano, dove la periferia si rivela come luogo e come sentimento: margine fisico e soglia esistenziale. È in questo spazio sospeso che si intrecciano storie reali e visioni mancate, mutazioni lente e irrevocabili. Il nome del progetto nasce da un intreccio tra “utopia” e “autonomia”, evocando il sogno socialista del conte Rendina, che proprio in questo borgo, Campomaggiore, cercò di fondare una comunità ideale, ispirata ai principi del socialismo utopico ottocentesco. Un esperimento sociale fallito, di cui oggi restano solo i ruderi, le tracce sbiadite, le promesse spezzate. Ma anche un’eco potente: quella di un’aspirazione collettiva a una vita più giusta, oggi quasi dimenticata. In “Utomia”, la mutazione è silenziosa ma pervasiva: ciò che era un progetto visionario si è fatto rovina; ciò che era centro di speranza è diventato confine vago, luogo smarginato. Le fotografie raccolgono questi resti come reperti emotivi, tentando di dare forma all’informe, voce al vuoto. La periferia diventa così una metafora: di un’Italia dimenticata, di sogni sociali non realizzati, ma anche di ogni margine esistenziale in cui l’essere umano si ritrova a vivere tra nostalgia e possibilità. Ho camminato tra le rovine di questo paese cercando i segni della vita che è stata e immaginando con doppie esposizioni e foto d’epoca come avrebbe potuto essere. “Utomia” non è solo un luogo, ma un sentimento persistente: quello di chi abita i bordi, di chi cerca senso nelle crepe del presente, e di chi continua a interrogarsi su cosa resta delle utopie quando il tempo passa.