VINCITORI EDIZIONE 2024

Daniel Menegoni

I° CLASSIFICATO

E’ una riserva di dignità quella che Daniel Menegoni coglie attraverso il suo viaggio fotografico nella terre dell’agro Pontino: la dignità nei volti delle persone – le donne in casa, gli uomini al lavoro, gli occhi bassi e i sorrisi degli anziani, il broncio dei bambini – e negli interni delle case curati nell’arredamento e nelle suppellettili fino ad apparire eleganti. Menegoni si introduce in questo mondo con pudore trattenuto, le ombre e le luce degli interni si affiancano agli esterni sobri che dicono di un’etica del lavoro consolidata nei giorni. L’immagine della periferia che così risalta riesce a riscattare l’architettura di edifici anonimi e spaesati. Scrigni geometrili – direbbe il Gianni Celati di “Verso la foce” con accanto l’amico Luigi Ghirri – che però racchiudono la ricchezza di storie profonde, la loro verità resa nella fotografia.

Alessandro Tegon

II° CLASSIFICATO

La rappresentazione della periferia compiuta da Alessandro Tegon potrebbe trovare posto nel catalogo di saggi, dossier, inchieste e studi sulla realtà sociale – prima ancora che economica – del cosiddetto Nord Est italiano. E’ quella periferia diffusa, policentrica e sgranata a cui Tegon guarda, con le pagine di Vitaliano Trevisan in tasca: si tratta del paradigma del paesaggio che ha impattato contro il delirio di una modernizzazione irrazionale, che ha sacrificato la bellezza e il senso dei luoghi. Il carro di cartapesta per un improbabile Carnevale assume così la fisionomia di un mostro che sbuca dal capannone e diventa il simbolo di un corto circuito di significati. Tegon mostra di aver ben elaborato la migliore lezione dei fotografi che hanno voluto documentare questa tragedia e ne recupera i frammenti con poesia.

Serafino Fasulo

III° CLASSIFICATO

C’è stata un’Italia fuori dall’Italia. L’Eritrea tra il 1882 e il 1947 ha rappresentato una provincia dell’Impero che nella presunzione di quei tempi si pensò di instaurare. Serafino Fasulo va a recuperarne i tratti: quel che resta, quanto resiste e ciò che è stato invece cancellato. Il suo “Cinema Africa” è documento di tutto ciò e evidenzia come una comunità da un alto conservi i segni di un passato e dall’altro faccia riemergere i caratteri di una identità che nessuna dominazione potrà mai annullare. Il reportage di Fasulo, dunque, è una sorta di immersione nel senso di un luogo, in una particolare periferia che ritrova sospesa tra passato, presente e futuro.

Isabella Subacchi

MENZIONE SPECIALE

Toponimi sulla via Emilia, sull’asse dei ricordi e delle emozioni. Un luogo che potrebbe essere, alla maniera di quelli studiati da Marc Augé, non luogo, risucchiato nell’artificialità; e invece si afferma come la stazione di sosta e di vita di un nucleo di persone che, richiamate dal lavoro e dagli impegni, qui hanno creato una frazione a ridosso della città. Isabella Subacchi racconta la loro storia attraverso la fotografia che scruta i volti e apre gli archivi, recupera testimonianze del passato e le consegna al presente di una periferia muta. Gli edifici della modernità hanno finestre chiuse, l’illuminazione aspetta che nel campetto si rinnovi la cerimonia del gioco, dal bagagliaio di un’auto parcheggiata esce una coperta lunga: gli elementi di una malinconia che dice del tempo andato.