Dalle stanze del Municipio di Avellino si possono vedere, a non più di un chilometro, gli alloggi del quartiere Quattrograne, che, in realtà, sono più distanti della luna. Il quartiere è contiguo a San Tommaso, diviso com’è da questo solo da una strada che appare, però, più larga dell’oceano Atlantico, tanta è la sensazione di isolamento che aleggia tra questi prefabbricati.
Il quartiere è nato già confinato e destinato ad essere un ghetto, chiuso com’ è tra la variante di Avellino a sud e il vallone del torrente Fenestrelle a nord. Qui si è prodotto, negli anni, il massimo della solitudine e dell’isolamento sociale.
Dice Pietro Gambardella che abita in uno dei prefabbricati pesanti non sottoposti ad alcun tipo di ristrutturazione:” sono qui dal 1987 ed ho sempre pagato quello che dovevo. Mia moglie ed io siamo entrambi malati ma da noi non si è mai visto nessuno degli assistenti sociali del comune, tanto meno un assessore o, figurarsi, il sindaco. Giorni fa ho dovuto chiamare una ditta, a spese mie, perché, da tempo, quando piove, ci sono infiltrazioni di acqua. Mi dicono, all’ufficio Manutenzione, che non hanno soldi nemmeno per fare le fotocopie”. Quello di Pietro non è un caso isolato. Al Comune affermano che, dopo trenta anni, i pannelli di cui sono composti i prefabbricati pesanti si sono ammalorati e dalle giunzioni entra l’acqua. O entra dal tetto, o allaga i pianterreni. Il quartiere è vasto e popolato. Ci sono a Quattrograne est 192 alloggi e altrettanti ce ne sono a Quattrograne ovest. In pratica è grande come uno dei tanti piccoli comuni irpini.
Ma nei comuni ci sono scuole, bar, chiese, una comunità che condivide gioie e dolori. Ci si siede al bar, si passeggia, si và ai funerali e ai matrimoni di tutti perché tutti si conoscono. Niente di tutto ciò è visibile qui. C’è una chiesa, ma è aperta solo per le funzioni religiose. C’è la sede della quarta circoscrizione, ma è sbarrata da quando le circoscrizioni sono state abolite. Niente altro. Il solo bar è quello del vicino distributore di benzina. Dice Roberto Montefusco, a lungo presidente della quarta circoscrizione:” avevamo immaginato e tentato alcuni esperimenti,per cercare di integrare gli abitanti col resto della città. Ma non hanno funzionato. Poi le circoscrizioni soni state chiuse e tutto è andato perduto.” Eppure non erano mancati, proprio qui, i tentativi di riqualificazione. Sia nella parte est che ovest del quartiere,infatti, una parte degli edifici sono stati riqualificati con diverse metodologie. Ad est c’è stata il rifacimento dell’esistente che però ha lasciato come erano sei palazzi in prefabbricazione pesante. Gli altri, in pratica, sono stati ricostruiti in toto, a cominciare dai tetti, rifatti per eliminarne l’amianto. Ancora più ambiziosi i progetti nella parte ovest. Qui,nel 1998, è stato sperimentato il Contratto di Quartiere, pomposamente presentato, anche su riviste di architettura, come esempio di coraggiosa innovazione. Il progetto ha comportato la demolizione e la ricostruzione, con moderne tecnologie, di 23 alloggi con un impegno finanziario di oltre 35milioni di euro,nei quali sono stati anche installati pannelli fotovoltaici. La situazione sociale, tuttavia, nella sua gravità, è rimasta immutata. Nel progetto con cui si chiedevano i finanziamenti c’era pomposamente scritto che sarebbero stati realizzati un centro sociale per anziani ed uno per giovani a rischio, esercizi commerciali . Ci sarebbe stata, si scrisse , animazione culturale e ricreativa per giovani e anziani; botteghe artigiane di formazione; un centro di informazione e sperimentazione bioclimatica e un centro di divulgazione su rifiuti e raccolta differenziata. Addirittura si prevedeva la realizzazione di una strada di collegamento con il centro della città e di una rete integrata di percorsi pedonali e ciclabili; il ridisegno degli spazi aperti destinati alla mobilità automobilistica e pedonale; la realizzazione di una fascia di verde di risanamento acustico-ambientale. Ad oggi tutto è rimasto sulla carta. Eppure questa parte del quartiere è a rischio. Qui vive la maggior parte degli emarginati della città. C’è microcriminalità, prostituzione, spaccio di droga. Dei previsti interventi socio-occupazionali non c’è traccia. Restano,in bella vista, i prefabbricati pesanti che dovranno essere riqualificati, i cui appartamenti vengono chiusi man mano che si riesce a liberarli. L’unico risultato visibile è che quelli che ancora vivono in questi prefabbricati sono ancora più isolati e lasciati a se stessi ed ai topi che abbondano tra i cumuli di rifiuti abbandonati sia dagli abitanti del quartiere che dai tanti “bravi” cittadini che, nottetempo, scaricano qui le cose di cui disfarsi.
Ma c’è di peggio. C’è una divisione profonda tra i due pezzi del quartiere. Est ed ovest,infatti, sono divisi da un ponte che scavalca il vallone del torrente Fenestrelle . La divisione fisica segna anche una differenza tra i due mondi. Quelli che abitano ad est considerano con disprezzo quelli che abitano ad ovest. Ad est prevale una piccolissima borghesia che, con la crisi ,si è sempre più avvicinata alla soglia della povertà e che,oggi, ha difficoltà ad andare avanti ma che aspira a conservare una sua dignità. Dall’altra parte ci sono “ gli zingari” con cui non si vuole avere nulla a che fare. Non che anche qui manchino i furbi e gli abusivi. Pochi giorni fa ci sono stati alcuni sgomberi. E situazioni al limite della legalità non mancano. Ad esempio, anziani soli si mettono in casa altre persone che, col tempo occupano gli alloggi, una volta che i legittimi assegnatari scompaiono. Resta, al di là di questa guerra tra poveri, lo scollamento, la distanza tra il quartiere e la città che non sembra, minimamente interessata alla sorte di questa gente.
Per la verità nemmeno l’amministrazione comunale sembra molto attenta alla sorti di Quattrograne. Scandalosa l’ultima vicenda che ha interessato l’ assessorato ai lavori pubblici, denunciata, in consiglio comunale dal deputato di SEL e consigliere comunale Giancarlo Giordano. Sono andati persi due milioni di euro di finanziamenti pubblici destinati allo smaltimento dell’amianto presente nei tetti dei prefabbricati perché in Municipio nessuno si è ricordato di mettere in bilancio poco più di duecentomila euro a carico del Comune. La vicenda non è mai stata smentita e non poteva esserlo. In questo, come in tanti altri casi, c’è una responsabilità politico- amministrativa lampante, ma nessuno se ne è fatto carico. Eppure la “dimenticanza” significa che decine di persone continueranno a marcire nei prefabbricati pesanti.
Ma non è l’unico caso. Negli anni successivi al 1998 il contratto di quartiere è lentamente morto. “Perché non si sapeva dove mettere gli abitanti da sgombrare per ricostruire i palazzi”, dicono al Comune, con una mancanza di programmazione che lascia sgomenti. Così, nell’indifferenza generale, sono andati in perenzione -cioè perduti- una trentina di milioni che potevano essere utilizzati nel quartiere.
Di conseguenza gli interventi nei circa dodici prefabbricati pesanti, in molti dei quali l’umidità è tale da aver coperto le pareti di muffa, non toccati da nessun intervento, sono rimandati a chissà quando.
“Intanto, l’acqua continua a scorrere dalle pareti e le ditte private continuano a sostituire un’amministrazione colpevolmente assente.”, dice Gambardella.
Intanto, i tetti di amianto continuano a coprire, estate e inverno i prefabbricati.
“ Altrettanto pericolosa, se non esplosiva, è la situazione sociale del quartiere, aggiunge Roberto Montefusco, occorrono interventi urgenti per disinnescare questa vera e propria mina sociale”. Ma chi può anche solo pensarli questi interventi se l’amministrazione dispone di un pugno di assistenti sociali, che devono essere in tutt’altre faccende affaccendate?
Quattrograne è la dimostrazione concreta che anche una decente ristrutturazione degli edifici, senza robusti e mirati interventi sociali non serve assolutamente a nulla. Ma lontano, laggiù, indifferente si staglia il Municipio.