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5 Aprile 2024

Avevo detto, chiudendo la prima parte del mio viaggio a S. Tommaso, che nel quartiere ci sono altre cose da vedere e da raccontare.  Ad esempio, salendo su per la collina dei Liguorini non si può non notare, a mezza costa, una selva di palazzi non finiti e, all’apparenza, abbandonati. E’ l’ultima operazione immobiliare tentata a S. Tommaso che non ha portato fortuna al suo ideatore, il costruttore Vincenzo Ercolino.   Si tratta di circa una decina di palazzi, costruiti in base ad un Piano Urbanistico di Attuazione, su una superficie di circa cinquantamila metri quadrati appartenente, per la maggior parte alla famiglia Tarantino, ex proprietaria di Villa Amendola, venduta dagli eredi al comune di Avellino. Contigua alla villa c’erano questi circa cinque ettari di terreno ìncolto che il costruttore Ercolino decide di comprare. D’altra parte Ercolino e i Tarantino avevano già avuto rapporti, in un passato non troppo lontano. La famiglia,infatti, aveva venduto la superficie su cui sorgeva la Standa proprio al costruttore. In questa storia c’è un terza presenza che ha, forse, il peso più forte: la Banca Popolare dell’Irpinia. E’ proprio la Banca a prestare ad Ercolino i soldi per l’acquisto del terreno su cui sorgerà l’omonimo fabbricato con annessa galleria. Il costruttore, tramite la società Irpinia Building, al momento in amministrazione controllata, Tarantino e Banca dell’Irpinia si ritrovano di nuovo allo stesso tavolo. Anche stavolta, sarà la Popolare a dare al costruttore i denari per l’acquisto dell’area su cui, grazie al P.U.A, in attuazione del Piano Comunale di Cagnardi, e ad una regolare convenzione sottoscritta col Comune di Avellino, Ercolino ottiene di costruire circa settantacinquemila metri cubi, cedendo al Comune, per servizi e attrezzature non residenziali circa il sessanta per cento dei cinque ettari di terreno, il tutto sancito da una convenzione regolarmente stipulata con atto notarile tra il Comune di Avellino, lo IACP, l’ amministratore della Irpinia Building srl e altri. Tutto regolare, tutto lecito, tutto autorizzato. Ma il diavolo, come si dice, fa le pentole ma non i coperchi. Già perché la Popolare cambia pelle. Deve vendere e vende alla Popolare dell’ Emilia Romagna. La testa pensante ed il potere decisionale vanno  via da Avellino, si spostano in Emilia. Lì, forse, qualcuno si accorge che Ercolino è troppo esposto, forse gli è stato concesso troppo credito. In sostanza, probabilmente, è partito l’invito al costruttore a rientrare dall’esposizione bancaria. Ercolino  non deve aver trovato le risorse per farlo. Così la sua ditta individuale è fallita. L’Irpinia Building è in amministrazione controllata. La Banca Popolare dell’Emilia Romagna si ritrova proprietaria di undici corpi di fabbrica, parzialmente finiti, che nessuno sembra volere nonchè  di aree da urbanizzare quasi del tutto. I passanti che salgono la collina si trovano di fronte questi palazzoni vuoti, abbandonati che non fanno un bel vedere. Finita la salita dei Liguorini, di fronte a  S. Tommaso, dall’altro lato della statale 88, sorge, da qualche anno, il Q9 come veniva in gergo chiamato quello che doveva essere il nuovo centro direzionale della città. L’idea degli amministratori dell’epoca era quella di riammagliare la città ad una periferia isolata come S. Tommaso, spostando traffico dal centro alla periferia e dotando la zona di un’ attrezzatura e di servizi utili a tutta la città.   Si trattava, per dirla con il P.U.C. di Cagnardi di “ ridefinire il limite della configurazione urbana, attraverso un sistema collinare di nuovi insediamenti residenziali e di perequare il trattamento delle aree a servizi con quello delle aree destinate all’edificazione in modo da creare un sistema di spazi verdi attrezzati e servizi alle persone di fruizione dell’intero ambito collinare”.   D’altra parte, la Popolare dell’Irpinia voleva costruire nei terreni della famiglia Solimene il suo Centro di Comando e si sa quanto contava la banca nell’economia di Avellino. Il progetto diventa realtà con la costruzione da parte della banca di un enorme torre, peraltro sproporzionata rispetto alle reali esigenze. Nel tempo presso il centro trovano allocazione gli uffici delle Entrate di Avellino, alcuni uffici decentrati della Regione Campania e qualche altro ufficio pubblico. Ma il Centro resta isolato, solitario. Attorno, però, comincia a sorgere un nuovo insediamento, quasi tutto formato da cooperative. “ In realtà dice Enzo Rocco ex funzionario regionale che al Q9 abita, il Centro è chiuso, da  una recinzione alta e solida e, di  fatto, separato dal resto del quartiere e da S. Tommaso. Quassù sale solo chi ha qualcosa a sbrigare nei vari uffici o ci lavora. Attorno il nulla assoluto. Anche per un caffè devi andare altrove” “Credo prosegue Rocco che l’idea originaria che ha guidato questo insediamento sia fallita. La stessa banca oggi ha la testa pensante altrove, in Emilia. E’, in pratica, un altro quartiere dormitorio. Al Q9 sei nel nulla. Noi che ci abitiamo usiamo gli stessi servizi di S. Tommaso”. A percorrere le poche strade interne al quartiere si ha la stessa sensazione che si prova negli altri quartieri periferici. Cammini da solo in spazi anche troppo ampi per i residenti e percorri strade che, dopo un po’ finiscono in aperta campagna, non vanno da nessuna parte, servono, ovviamente solo a raggiungere le abitazioni. Una spiegazione c’è. Anche questo progetto come tanti altri in città, è rimasto a metà. Il Piano Urbanistico di attuazione che doveva prevedere e attuare, nel concreto, le idee del progetto originario  non è mai stato fatto dal Comune di Avellino, forse per mancanza di soldi, forse per mancanza di una chiara volontà politica. Come spesso è accaduto alle parole non sono seguiti i fatti, diversamente da come è accaduto con le costruzioni di Ercolino, dove, invece, il P.U.A.  è stato fatto. Giri e rigiri per il quartiere, dove si vede solo l’insegna di un centro estetico e, dopo un po’, ti ritrovi al punto di partenza. Addirittura manca un collegamento interno tra i due pezzi del Q9, divisi da un avvallamento che rende separati ed estranei i due tronchi dello stesso plesso abitativo. Ho cercato, partendo dall’ alto o partendo dalla parte opposta, di trovare una strada, un punto di raccordo tra i due pezzi. Tutto inutile. L’unico modo per andare da una parte all’altra è ritornare sulla statale 88 e fare il giro all’esterno. Eppure la strada c’è. Però è rimasta nelle tavole, nei disegni e nella scheda che descrive quella che si chiama “ zona di nuovo impianto collina Liguorini”. Trovo, faticosamente, il tratto iniziale  della strada di penetrazione e di raccordo tra i due pezzi. L’arteria segue le curve di livello, ossia si adegua e segue il pendio naturale, per evitare opere faraoniche che avrebbero sfigurato il pendio ed il panorama. Non che, nel passato, a qualche amministratore non fosse venuta l’idea di un raccordo, costruendo sul declivio un bel ponte. Almeno questa ulteriore bruttura è stata evitata. La strada, almeno il suo inizio, c’è. La percorro e, dopo un paio di curve arrivo alla fine. Al momento, serve solo per raggiungere le cooperative che, in alto, lungo il declivio, sono state costruite. Il panorama che da qui si gode è molto bello. Hai la vallata davanti a te e il  monte Terminio in lontananza. Non c’è altro oltre le case. Non un negozio, non uno spazio attrezzato, non uno spazio per far giocare i bambini. La sensazione di trovarsi nel nulla è fortissima, quasi straniante. Cosa altro puoi fare, mi chiedo, se non venire qui solo per dormire? L’idea di partenza del Q9 era buona ma è stata niente altro che un’ occasione sprecata. Nella parte inferiore del quartiere, fatto anch’esso di cooperative, lo spettacolo è lo stesso. Però, qui c’è un supermercato che  insieme ad un altro a  S. Tommaso serve tutta la zona. Non resta che “tornare ad Avellino” percorrendo la variante. Si passa davanti ad una delle tante ville che circondavano la città, villa Barattelli, smostrata dai muri di contenimento del campo sportivo di S. Tommaso, chiusa ed abbandonata anch’essa.

Ettore de Socio
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